Minori Stranieri convegno a Cagliari
Posted On venerdì 27 maggio 2011 at alle 00:26 by LunadicartaCagliari 12 maggio 2011
Le famiglie dei bambini e degli adolescenti di origine straniera in Italia
(relazione a cura della dott.ssa M. Eugenia Maxia, Presidente Associazione Culturale Alfabeto del Mondo Onlus e Responsabile Movimento per l'infanzia Cagliari)
Premessa
I dati esposti in questa relazione sono stati estrapolati da ricerche locali e nazionali condotte sul campo, dossier e report. Le opinioni espresse, invece, fanno parte del mio bagaglio di esperienza personale come Presidente di Alfabeto del Mondo, Associazione multiculturale e multietnica e di Referente del Movimento per l'Infanzia di Cagliari.
I cambiamenti dell'ultimo decennio nel fenomeno immigrazione
La concessione dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro ha una crescita che è influenzata dalle regolarizzazioni e quindi dalla politica di Governo che concede i “flussi”. I permessi concessi per motivi di famiglia invece hanno una crescita continua e costante che dimostra la stabilizzazione dell’immigrazione. Dunque il ricongiungimento familiare indica chiaramente la scelta dell’Italia come paese di residenza per sé e di origine per i propri figli. Dal 1993 al 2007 vi è stata una continua e crescente progressione dei permessi concessi per motivi familiari, fino a rappresentare più della metà dei permessi di soggiorno concessi nel 2007.
La crescita suddetta si traduce essenzialmente nell’aumento dei minori stranieri residenti in Italia, cioè della componente regolare e stabile riportata nei registri dell’anagrafe comunale. Secondo i dati della fine del 2010 i minori stranieri residenti erano pari a 932.000 e corrispondenti a una quota della popolazione straniera residente pari al 23%. Un dato forse ancora più significativo è rappresentato dalla quota dei minori stranieri nati in Italia che rappresentano il 60% dell’intera popolazione straniera minorile residente. Insomma, i minori stranieri residenti rappresentano circa un quarto della popolazione straniera residente, mentre la cosiddetta seconda generazione rappresenta quasi i due terzi dei minori stranieri residenti.
Negli anni 80 e 90 gli stranieri arrivavano in Italia prevalentemente da soli. Ad esempio arrivava solo la sig.ra rumena che faceva la badante o il capofamiglia che apriva un ristorante cinese, ora invece è l’intero nucleo familiare che, da subito, si trasferisce. Vai “dove ti porta il cuore” poteva andare bene un tempo, ora si va dove è migliore la qualità della vita e dove ci sono più possibilità di lavoro. Gli stranieri oggi vengono in Italia perché nei loro paesi non si sta bene. Per una famiglia del Bangladesh, o di un paese sovietico, trovare una dimensione sociale, sanitaria, scolastica è una forte motivazione anche ad un cambiamento così radicale. E' vero che chi viene in Italia ha qualche volta un’immagine distorta del nostro paese, ma è sicuramente vero che in Italia c’è una tradizione di accoglienza e solidarietà. Quando gli immigrati arrivano da noi trovano un pasto caldo, per qualche mese trovano uni aiuto a pagare un affitto, c’è un orientamento al lavoro, l’inserimento scolastico per i minori.
I minori stranieri in italia
Rispetto a dieci anni fa, quando il fenomeno dell’immigrazione in Italia iniziava a delinearsi come fenomeno “stabile”, i minori stranieri sono aumentati, ponendosi come aspetto emergente della presenza immigrata. La prima questione da affrontare allora è stabilire chi sono i minori stranieri oggi in Italia e se questi hanno bisogni, esigenze, problematiche ed aspetti diversi rispetto ai ragazzi italiani.
In una classificazione di tipo amministrativo possiamo individuare queste categorie:
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minore nato in Italia da genitori stranieri regolarmente soggiornanti;
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minore entrato regolarmente per ricongiungersi ai propri genitori;
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minore arrivato irregolarmente, dopo aver affrontato il viaggio senza nessun adulto di riferimento (non accompagnato)
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minore arrivato irregolarmente insieme ai genitori;
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minore che transita per l’Italia diretto verso altri paesi europei;
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minore arrivato irregolarmente per ricongiungersi ai propri genitori o ad altri parenti;
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minore straniero arrivato in Italia in maniera regolare, ma che ha proseguito la sua permanenza oltre la scadenza dell’autorizzazione all’ingresso senza rinnovarla o convertirla in permesso di soggiorno. I minori che sono registrati sui permessi di soggiorno dei genitori, per forza di cose - ne condividono il destino, quindi se i genitori perdono il permesso di soggiorno la stessa sorte spetta ai figli.
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minore rifugiato si intende per tale ogni minore che è perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del suo paese di origine e non può o non vuole farvi ritorno.
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I minori richiedenti protezione internazionale è un minore che richiede il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della suddetta definizione o della protezione sussidiaria.
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minore vittima di tratta: si intende ogni minore che è reclutato, trasportato, trasferito, ospitato o accolto a fine di sfruttamento, sia all’interno che all’esterno di un paese, anche senza che vi sia stata coercizione, inganno, abuso di potere o altra forma di abuso.
I minori stranieri non accompagnati
Il Dossier Statistico Immigrazione della Caritas/Migrantes, del 2010 con il suo XX Rapporto ha inserito in un capitolo a parte il tema dei minori stranieri non accompagnati, nel quale viene messo in luce il ruolo determinante del sistema d’accoglienza per questa fascia di popolazione minorile e le criticità per la categoria dei minori che è esposta a molti rischi. Criticità ancora più gravi ed evidenti nei casi di minori vittime dello sfruttamento sessuale.
Le recenti indagini su questo tema mettono in luce che il fenomeno della prostituzione minorile sfugge ancora a dati ufficiali: secondo i dati parziali la prostituzione in strada, riguarda circa 1500-1800 bambini e adolescenti, pari all’8-10%, mentre sfuggono completamente i dati per quanti operano in ambienti chiusi.
L’articolo 31 del T. U. assegna al Tribunale per i minorenni la competenza ad adottare i provvedimenti utili alla migliore assistenza del minore, inclusi gli atti necessari all’ingresso o permanenza del familiare ai provvedimenti di espulsione.
Si deve ricordare che questi provvedimenti sono temporanei e legati alle concrete esigenze di assistenza del minore. Terminate queste esigenze resta la condizione di irregolarità, con il conseguente avvio della procedura diretta all’espulsione che potrebbe riguardare anche il minore, unitamente ai suoi familiari.
Questa procedura non è però automatica, in quanto l’ordinamento italiano ammette l’ipotesi che le esigenze di assistenza del minore siano soddisfatte anche separatamente dalla famiglia di origine. In questi casi, l’esigenza di dare la necessaria assistenza e assicurare l’integrità del minore potrebbe anche condurre alla separazione dai genitori, con l’espulsione di questi ultimi. A tale proposito una recente sentenza della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una cittadina nigeriana contro la Corte di Appello di Perugia che le aveva negato l’applicabilità dell’articolo 31 del T. U., cioè non aveva autorizzato la permanenza temporanea per l’interesse dei figli minori che erano stati dati in affido temporaneo ad una famiglia italiana.
I provvedimenti delle politiche di immigrazione sono pensati per gli immigrati adulti. Dette norme non sono quindi affatto adatte a tutelare i diritti del minore.
Le politiche di protezione dei minori sono profondamente influenzate dalla specificità dei contesti territoriali in cui essi vivono. La stessa situazione paradossale illustrata in precedenza può trovare diverse soluzioni a seconda degli attori locali coinvolti. Questa differenziazione di offerta assume dei contrasti più significativi a livello di politiche sociali. Le ragioni sono in parte imputabili alla Legge n. 328/2000 che ha dato una forte impronta territoriale ai servizi socio-sanitari italiani. L’implementazione di questa legge definisce una pluralità di comportamenti locali che possono finire per disegnare opportunità e destini diversi per i minori a seconda dei contesti in cui essi vivono.
Questo vale soprattutto nel delicato caso dei minori stranieri non accompagnati, dove il Rapporto 2009 dell’ANCI in merito alle politiche attivate evidenzia che «gli interventi non organici e sistematici compiuti negli anni sulla materia dei minori non accompagnati hanno spesso reso incerto (...) il quadro giuridico di riferimento così come i servizi preposti si sono trovati sempre più repentinamente a far fronte agli effetti che i cambiamenti impongono sul loro operato, come recentemente accaduto a seguito della Legge n. 94/2009 in riferimento alle disposizioni sulla conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età e alla contestazione del reato di ingresso e soggiorno illegale ai minori stranieri. La complessità intrinseca della materia, strutturalmente conosciuta solo da una decina di anni, e la molteplicità di competenze e di soggetti localmente coinvolti ha di fatto reso il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati una materia “sensibile” sulla quale le istituzioni, i servizi e il privato sociale rinnovano continuamente la domanda circa il modello d’intervento ottimale al fine di garantire tutela e protezione ai minori».
Questa pluralità di comportamenti locali ha implicazioni importanti anche sui servizi di scolarizzazione o di bassa soglia messi a disposizione da alcuni comuni per gli adolescenti definiti a rischio.
I minori stranieri vittime di tratta
Alcuni minori, sia maschi che femmine, sono inseriti in ambiti di sfruttamento, anche attraverso il coinvolgimento in attività illegali soprattutto nelle grandi aree metropolitane. Nella prostituzione coatta femminile sono più frequentemente coinvolte le minori rumene e nigeriane. Secondo i dati del Dipartimento per le Pari Opportunità a partire dal 2004 alcuni gruppi tendono a diminuire mentre quello romeno e quello nigeriano, invece, registrano un incremento rispettivamente del 73% e del 25%.
L'IDENTITA' CULTURALE.
Appena arrivano in Italia i ragazzi desiderano subito imparare la lingua, questo soprattutto per poter accedere alla istruzione e ad un lavoro. D’altro canto, un vero cambio di identità avviene con le seconde generazioni ed è un processo lento. Gli stranieri che arrivano da bambini, si sentono italiani ma rimane un desiderio latente di conoscere la propria cultura d’origine. Nel periodo adolescenziale incominciano a comprendere il valore della perdita della propria cultura e a sentire che “manca qualcosa”. Iniziano infatti a riprendere a frequentare la nostra associazione proprio per un recupero e un mantenimento della loro identità culturale. L’integrazione è questa, non solo imparare la lingua, ma la condivisione con gli italiani degli usi, della propria cultura che diviene circolare perché messa a disposizione di tutti.
Tuttavia, da parte di alcune famiglie di immigrati esiste la preoccupazione che i propri figli perdano la propria identità culturale.
Questo atteggiamento non è uguale per tutti. Ad esempio alcune famiglie cinesi tendono a non far frequentare costantemente la scuola ai figli perché magari hanno bisogno di aiuto sul lavoro. Temono che i propri ragazzi si adeguino troppo alle regole dei coetanei italiani, e questo potrebbe costituire per loro un problema. Così come avere la paghetta o il motorino; i figli degli immigrati non sono per nulla viziati anzi sono molto responsabilizzati. Pensiamo ad una quindicenne filippina o cinese che, in genere, ha la responsabilità di seguire i fratellini più piccoli. Esistono delle differenze culturali che, nell’integrazione, per alcuni risultano molto pesanti. Pensiamo, per esempio, alle situazioni di bullismo al femminile nelle scuole dove le vittime spesso sono proprio ragazzi maschi extracomunitari. Se loro arrivano da una cultura in cui le donne sono più sottomesse, essere sopraffatti dalle ragazze è ancora più traumatico. Situazioni come queste sono spesso alla base della dispersione scolastica tra i minori extracomunitari. In questo senso non sempre la nostra scuola è pronta e ha le competenze per gestire una dimensione multiculturale. L’iniziativa è lasciata alla sensibilità personale di alcuni dirigenti scolastici e professori.
L'istruzione e l'integrazione.
In venti anni, gli alunni stranieri iscritti alla scuola pubblica sono passati dai 12.000 iscritti per l’anno scolastico 1988-1989, ai quasi 630.000 iscritti dell’anno 2008-2009 con un’incidenza sulla popolazione scolastica del 7%.
Secondo il Rapporto MIUR, risulta evidente una segregazione degli stranieri negli istituti professionali che determina l’aumento dei rischi di marginalizzazione di questi nuovi italiani soprattutto nell’accesso al mercato del lavoro.
Dal punto di vista dell'integrazione a Cagliari alcune scuole hanno svolto un ottimo lavoro e vivono l'arrivo degli immigrati come una risorsa e un arricchimento culturale e non come un problema.
Mi limito a citare alcuni esempi di scuole Cagliaritane: la scuola primaria Satta, la scuola Media Manno che hanno attivato diversi progetti. Altre scuole come ad esempio la scuola elementare di via Garavetti e la scuola Media Alfieri con intelligenza e sensibilità hanno utilizzato le risorse esistenti sul territorio e hanno chiesto la collaborazione del volontariato. In particolare Alfabeto del mondo ha attivato, all'interno della scuola, un corso di recupero specifico per i ragazzi stranieri.
L'istruzione e il reato di immigrazione clandestina
La Legge n. 94/2009 ha introdotto nell’ordinamento italiano la nuova figura del reato di immigrazione clandestina. Si tratta di una contravvenzione per la quale è prevista la sanzione pecuniaria (minimo € 5.000,00 massimo € 10.000,00) o la sanzione sostitutiva dell’espulsione. A seguito di questa legge, nel Testo Unico sull’Immigrazione e la condizione dello straniero, è stato introdotto l’art. 10 bis che prevede due tipi di condotta illecita:
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l’ingresso in violazione delle norme del T.U.
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il trattenersi in violazione delle stesse norme.
Pertanto, a seguito della promulgazione della Legge n. 94/2009 i genitori non in regola con il permesso di soggiorno sono riluttanti ad iscrivere i loro figli a scuola. Se è vero, infatti, che l’articolo 6 del T.U. esonera lo straniero dalla esibizione dei documenti di soggiorno allorché richieda prestazioni rientranti nell’obbligo scolastico, però non dice esplicitamente che esonera dall'obbligo di segnalare all'autorità detta irregolarità, come invece fa l'art. 35 in materia di prestazioni sanitarie.
Nell’ambito scolastico, dunque non è chiaro se vi sia o meno un esonero dalla segnalazione all’autorità della irregolarità dei genitori stranieri. Questo elemento determina conseguenze differenti da zona a zona. La non esplicita esenzione dalla denuncia dell’irregolarità dei genitori da parte delle autorità scolastiche offre la possibilità di differenti interpretazioni sia in senso restrittivo che in senso liberale di questa norma, per cui uffici scolastici regionali diversi possono comportarsi in maniera opposta pur restando nel rispetto della legge.
Dunque, in Italia lo straniero non-comunitario si trova in una situazione paradossale, perchè da un lato la legge gli impone il dovere di adempiere all’obbligo scolastico per i figli minori a prescindere dalla situazione giuridico amministrativa della propria presenza. Dal lato opposto, la stessa legge costringe lo straniero non regolare a “auto-denunciare” la propria condizione quale “clandestino”. Con il risultato di una espulsione dall’Italia per avere chiesto di adempiere all’obbligo di legge di dare istruzione ai propri figli!
Considerazioni finali e conclusioni.
A mio parere il cambiamento del fenomeno immigrazione è dovuto alla politica del governo. Se infatti non avessimo accolto gli extracomunitari, molte scuole avrebbero chiuso da tempo, così gli ospedali pediatrici e tutti i settori produttivi connessi con l’infanzia, perché purtroppo siamo una nazione a crescita zero. Gli immigrati ancora non si pongono questi finti problemi che abbiamo noi, tipo dare ad un figlio “tutto” sino al master post universitario. Loro si accontentano di farli crescere, nutrirli e garantirgli un’istruzione di base. Hanno dei valori diversi dai nostri, hanno ancora l’idea che è bello farsi una famiglia. I cinesi, per esempio, in Italia possono permettersi il lusso di avere 2 o 3 figli cosa che non possono fare in Cina a causa del controllo delle nascite. Loro vivono la vita in maniera diversa e noi, attraverso il confronto, dovremmo porci delle domande, riflettere e miglioraci.
Gli immigrati ci aiutano a recuperare valori autentici, ad esempio a renderci conto che quale volta mettiamo al primo posto le cose futili, forse inutili e dimentichiamo invece valori fondamentali come la famiglia, o aspetti della vita essenziali nella loro semplicità come avere un pasto caldo ogni giorno.
I minori di seconda generazione nel nostro Paese sono oltre 900.000 di cui oltre mezzo milione nati in Italia. Ragazzi che padroneggiano la lingua, condividono le passioni, gli impegni e le aspettative dei loro coetanei e si sentono a tutti gli effetti “italiani”, cittadini di un Paese che, ciononostante, non riconosce loro il diritto alla piena cittadinanza. Rispetto agli studenti italiani inizialmente il divario è legato al rendimento scolastico, ma i ragazzi stranieri tendono ad inserirsi più precocemente degli italiani nel tessuto lavorativo e professionalmente sono validissimi. Sono perfettamente bilingue, sono pronti a lavorare con sacrificio e sono molto competenti. Loro avranno in questa società globalizzata un ruolo fondamentale. Essi non ne sono consapevoli, ma rispetto a noi italiani hanno una marcia in più, conoscono altre lingue e altre culture. Questo in una società sempre più multiculturale è un elemento importantissimo. Come presidente di Alfabeto del Mondo, Associazione multiculturale e multietnica, posso testimoniare il loro sentimento di appartenenza alla nostra nazione e cultura.
La mia opinione è che sia necessario sensibilizzare le istituzioni e la comunità civile sulla necessità di rivedere le norme in materia di cittadinanza. Queste nuove generazioni hanno bisogno di sentirsi riconosciuti come cittadini da quella che considerano la loro patria.
L’atteggiamento delle istituzioni italiane alla richiesta di una revisione delle norme sulla cittadinanza non è unitario. I mass media potrebbero svolgere un ruolo decisivo, ma qualche volta cadono nei soliti stereotipi anziché valorizzare l’arricchimento culturale e artistico che i ragazzi di seconda generazione apportano al nostro Paese.
Quello che nessuno vuol ammettere apertamente è che grazie alla presenza di questi giovani immigrati si creano nuovi posti di lavoro, pensate ad esempio alle persone impiegate nelle scuole, nei servizi di accoglienza, nei settori produttivi connessi con l'infanzia.
Maria Eugenia Maxia
per maggiori informazioni
MOVIMENTO PER L'INFANZIA www.movimentoinfanzia.it
ASSOCIAZIONE CULTURALE ALFABETO DEL MONDO ONLUSwww.alfabetodelmondo.it
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