Il pedofilo-prete e un giornalismo dalla parte degli adulti

E' notizia di questi giorni l'arresto di don Riccardo Seppia accusato di violenza sessuale su bambini, vorrei prendere spunto dal fatto di cronaca per tentare qualche riflessione seria su un tema così complesso, mal trattato dalla stampa e peggio compreso dall'opinione pubblica.

Non mi sorprende la notizia di un prete pedofilo e criminale, oramai totalmente posseduto dal suo demone che viveva una doppia vita in un osceno gioco di ipocriti specchi: il prete tradizionalista cultore della messa in latino e il prete predatore senza dignità e responsabilità a caccia di bambini.

Non mi sorprende perchè so quanto la depravazione sessuale sia diffusa nella nostra società e come i bambini ne siano, purtroppo, le vittime privilegiate.

Mi sorprendono invece gli articoli comparsi sui giornali che, ancora una volta, dimostrano come la nostra società piegata alle ragioni degli adulti, sia ancora del tutto impreparata a contrastare la piaga della pedofilia a causa della mancanza di informazione, a causa della superficialità e della leggerezza con la quale l'argomento viene trattato.

Prendo ad esempio l'articolo apparso su Repubblica del 18 maggio 2011 a firma di Francesco Merlo, ottimo e acuto giornalista, ma che sul tema della violenza sessuale mostra tutta la sua impreparazione.

Preciso che sono convinto che in genere tutta la nostra società sia adultocentrica, pertanto la critica a Francesco Merlo non ha carattere personale, considerando invece che non posso fare una disamina di tutti gli articoli che in questi giorni si sono occupati di questo caso, le mie censure hanno un valore esemplificativo.

Per chi da anni oramai si occupa di diritti dei bambini e del contrasto all'adultocentrismo, la prima mancanza che colpisce nell'articolo che stiamo trattando è la pietà verso le vittime.

Non c'è una sola parola di preoccupazione, di solidarietà, di vicinanza umana verso le decine di bambini che probabilmente sono passati sotto le grinfie del prete pedofilo, come se l'abuso sessuale subito in tenera età non fosse un crimine contro l'umanità in grado di provocare traumi profondi e di ledere l'intima dignità delle piccole vittime, ma una sorta di incidente di percorso sul quale forse non vale la pena soffermarsi.

Il giornalista più volte dichiara che don Riccardo Seppia gli fa pena in quanto rappresenta il “culmine, il punto di non ritorno della sessuo-teologia italiana”, non si chiede chi sono i bambini traumatizzati, se qualcuno si occuperà di loro, se avranno o meno diritto non solo alla giustizia ma ad un sostegno terapeutico, non si chiede quanti siano i bambini coinvolti nel turpe traffico della prostituzione minorile.

A me, caro Francesco Merlo, fanno pena i bambini coinvolti nelle turpitudini di questo pedofilo che è riuscito a diventare prete, io sono preoccupato per il loro destino, per il loro futuro, a me fanno pena i padri e le madri di questi bambini spesso emarginati dalla società o addirittura dalla stessa Chiesa, il pedofilo/prete mi è francamente indifferente.

L'altro aspetto che Francesco Merlo tratta con abbondanza di reiterate riflessioni è la sessuofobia della Chiesa Cattolica, il giornalista, come tanti altri suoi colleghi, sostiene che il reato della pedofilia, nella fattispecie quello commesso dal Seppia, sia il prodotto indesiderato della cultura cattolica che, appunto, nega la sessualità ai sacerdoti.

Un luogo comune nel quale si casca quando non si conosce l'argomento.

E' Francesco Merlo ad essere vittima di una cultura adultocentrica che lo obbliga alla superficialità e alla disinformazione sull'olocausto bianco che miete migliaia di piccole vittime in Italia ogni anno, immaginare che la pedofilia clericale sia il prodotto del divieto di accesso dei preti alla sessualità significa alimentare un falso luogo comune, sbagliare bersaglio e quindi contribuire, ovviamente del tutto in buona fede, a mantenere uno stato di ignoranza, che è il terreno ove la violenza sessuale sui bambini può continuare a consumarsi indisturbata .

Ci sono numerose ricerche negli Stati Uniti e in Europa e anche in Italia (ricerca prof. Alberto Pellai 2001 – ricerca Movimento per l'Infanzia 2002 – ricerca Istituto degli Innocenti – ricerca Università degli Studi di Firenze 2004) che, attraverso interviste anonime, hanno dimostrato che circa il 10% della popolazione infantile è vittima di violenza sessuale, che circa 80% delle violenze avviene in ambito familiare o nella cerchia degli amici di famiglia.

Cosa dobbiamo dedurne che i padri, gli zii, gli amici di famiglia, i vicini di casa prima di diventare pedofili avevano fatto un improvvido voto di castità?

La violenza sessuale sui bambini è un fenomeno sommerso, un fenomeno complesso, sconosciuto e del tutto rimosso dalla nostra società adultocentrica, i pedofili possono essere padri, vicini di casa, parenti esattamente come possono diventare preti, allenatori, neuropsichiatri infantili o marinai.

In nome dell'esigenza che i bambini hanno di verità, di tutela, di competenza, non miriamo ad un diverso bersaglio, strumentalizzando il fatto che la notizia del giorno riguarda un pedofilo/prete, per muovere critiche ideologiche contro la Chiesa Cattolica e dimenticarci invece delle migliaia di bambini vittime di questo crimine contro l'umanità.

Mettiamoci dalla parte dei bambini, troviamo la forza e il coraggio per renderci conto che paghiamo un deficit di conoscenza e sensibilità su questo tema e, partendo anche da una illuminata autocritica, riportiamoci ai valori di difesa della dignità della persona (dei bambini) e su questo argomento studiamo, riflettiamo e stimoliamo l'opinione pubblica.

Don Seppia è solo uno dei tanti depravati e criminali che abusano di bambini, la pedofilia è un fenomeno sociale di vaste proporzioni che attraversa, come un delirio, tutte le categorie sociali; è un fenomeno sommerso e rimosso dalla società perchè rappresenta un tabù che ancora non abbiamo la forza di affrontare.

Non me ne voglia Francesco Merlo che è sicuramente migliore di tanti suoi colleghi, la mia critica, pur se netta, è rivolta ad una società adultocentrica del quale irrimediabilmente l'ottimo giornalista è figlio, nulla di più nulla di meno, almeno finchè qualcosa, a favore dei bambini, non cambierà.

Girolamo Andrea Coffari

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